

BriganteFraDiavolo
Colonnello Michele Arcangelo Pezza
Duca di Cassano
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Fra Diavolo, al secolo Michele Arcangelo Pezza (Itri, 7 aprile 1771 – Napoli, 11 novembre 1806), è stato un guerrigliero e militare italiano. Figura dalla condotta in bilico tra il bene e il male, è ricordato per aver preso parte alle lotte partigiane dei movimenti legittimisti sanfedisti, venendo, così, definito, da una certa memorialistica, come un eroe popolare.
Nacque ad Itri, paese allora parte della Terra di Lavoro, Territorio del Regno delle Due Sicilie che pda Caserta arrivava fino all’attuale Terracina. Figlio di Francesco Pezza e Arcangela Matrullo, in una delle famiglie più in vista del paese, la famiglia Pezza. È il quarto figlio della famiglia ed il suo doppio nome deriva dal fatto di essere stato battezzato nella Chiesa di San Michele Arcangelo.
All'età di cinque anni, una grave malattia mise a serio rischio la sua vita. la madre fece un voto a San Francesco di Paola: lo promise frate se si fosse salvato. In realtà il voto non era gravoso: consisteva nel vestire il bambino con un saio da frate sia d'estate che d'inverno. Quando il vestito si fosse consumato, l'avrebbe riportato al santo e così il voto si sarebbe sciolto. Per adempiere al voto materno Michele trascorse tutta l'infanzia vestito con il saio, guadagnandosi il soprannome di «Fra Michele»; quando sciolse il voto, era già entrato nell'adolescenza.
Ricevette la prima istruzione in parrocchia, ma non si rivelò adatto agli studi; durante una lezione, il canonico Nicola De Fabritiis, suo insegnante, davanti alla sua poca voglia di studiare e alla sua svogliatezza lo apostrofò con la frase: "Tu non sei Fra Michele Arcangelo; tu, tu sei Fra Diavolo". Una volta cresciuto, Michele aiutava il padre nel lavoro nei campi, ma questi, vedendolo interessato più ai cavalli che alle olive lo mandò a lavorare presso la bottega di un amico bastaio, Eleuterio Agresti, il sellaio del paese. Rimase per alcuni anni nella sua bottega.
Un giorno Eleuterio, durante un'accesa discussione, mise le mani addosso al ragazzo, il quale per tutta risposta uccise il mastro sellaio con un grosso ago usato per imbastire le selle, poi ne assassinò il fratello, Francesco Agresti (detto "Faccia d'Argento") che gli aveva giurato vendetta. Iniziò quindi un periodo di vagabondaggio sui Monti Aurunci, dove si mise al servizio del barone Felice di Rocca Guiglielma nel feudo di Campello. Successivamente si spostò a Sonnino nello Stato Pontificio appoggiandosi ad una famiglia itriana che vi si era transferita. Da latitante, entrò in contatto con numerosi briganti, coi quali instaurò buoni rapporti, ricevendo in breve tempo una considerazione degna di un capo.
Nel 1796 il Regno di Napoli inviò 4 battaglioni del suo esercito a combattere in Lombardia al fianco degli alleati austriaci contro l'esercito di Napoleone, che in aveva invaso l'Italia del nord. Nel 1797 Michele presentò domanda affinché la pena per il duplice omicidio fosse commutata in servizio militare. Il comando di polizia stabilì che il servizio militare sarebbe durato 13 anni: ai primi del 1798, dunque, Michele partì soldato in un corpo di fucilieri della fanteria borbonica. Ferdinando IV di Borbone, all’epoca Ferdinando I, invia il suo esercito in aiuto del Papa. I francesi avevano invaso lo Stato Pontificio e proclamano la Repubblica Romana. L’esercito Borbonico, guidato dal Generale Mack, riesce a cacciare i Francesi, ma non riesce a contenerne la controffensiva. Michele si ritorna al proprio paese. Le armate francesi avrebbero senz'altro dovuto percorrere la via Appia nella loro marcia verso Napoli e passare per Itri che si trovava sulla rotta. Michele pensò che avrebbe inferto molti danni alle forze nemiche.
I primi ad unirsi a lui furono i suoi fratelli, poi vennero molti altri abitanti del paese. Fra Diavolo si mise a capo del rivoltosi accampandosi presso il fortino di Sant'Andrea, edificio costruito nel XVI secolo sui resti di antichi templi dedicati ad Apollo e Mercurio.
Sarà proprio questo fortino a diventare la prima roccaforte della massa. Il 29 dicembre tre battaglioni polacchi occuparono il fortino, poi entrarono a Itri: il paese fu saccheggiato e molti abitanti furono passati per le armi; tra questi, anche il padre di Fra Diavolo: Michele, mentre guardava per l'ultima volta il padre, giurò vendetta. Non passa molto tempo prima che i l’esercito francese guidato dal generale Jean Étienne Championnet invade il Regno, sbaragliando l'esercito borbonico: il 15 febbraio Napoli cade dopo giorni di disperata ed eroica resistenza da parte dei Lazzari, Re Ferdinando ripara a Palermo, mentre viene costituita la repubblica. La conquista di Napoli non garantisce però all'esercito francese, né alla Repubblica Napoletana la sovranità su tutto il territorio del Regno, che specie nelle zone più periferiche è saldamente nelle mani della guerriglia legittimista.
A Fra Diavolo non rimase che ritornare a Itri, partecipando nei mesi successivi tutti i tentativi di rivolta antifrancese. In seguito si posizionò con la sua banda lungo la via Appia ad ovest di Itri e intercettò tutti i corrieri che la percorrevano: le comunicazioni tra Roma e Napoli furono azzerate. Oltre ad ottenere il controllo assoluto delle vie di comunicazione, Fra Diavolo dominò il territorio da Gaeta a Capua, che amministrò direttamente; dai suoi monti, teneva d'occhio la fortezza di Gaeta in mano ai francesi.
Nel 1799 si formò una Seconda coalizione contro Napoleone e Fra Diavolo si presentò agli inglesi, nella loro base nell'isola di Procida, come soldato del Regno di Napoli, chiedendo e ottenendo due cannoni e una barca. Fissò la sua base a Maranola, vicino al Golfo di Gaeta e continuò la sua attività di taglieggiamento delle comunicazioni: la sua azione fu così efficace che gli inglesi pronunciarono su di lui parole di elogio che giunsero fino a Ferdinando I, riparato a Palermo con la corte prima ancora della caduta di Napoli.
In maggio, quando la Seconda coalizione decise di muovere l'assedio alla fortezza di Gaeta, Fra Diavolo fu scelto come comandante delle operazioni: la sua massa, oltre mille uomini, fu riconosciuta come parte dell'esercito regolare. Re Ferdinando lo nomina Capitano. Il 15 maggio Fra Diavolo guidò l'assedio via terra, mentre la flotta inglese bloccò via mare, la fortezza di Gaeta finita in mano Francese nel dicembre del 1798 in seguito alla resa del Generale Borbonico Tschudy.
Alla fine di luglio, dopo tre mesi d'assedio, il generale francese Girardon avviò i colloqui per la resa, ma volle trattare solamente con gli inglesi, reputando Fra Diavolo niente più che un brigante. Il futuro Colonnello Pezza si preparò all'attacco della fortezza ma un ordine del cardinale Fabrizio Ruffo, Vicario Generale del Regno, lo fermò..
Nel frattempo, alla fine di giugno, Napoli era stata liberata e il Re aveva fatto ritorno nella capitale e nell’agosto del 1798 si proclama di nuovo Re di Napoli con il nome di Ferdinando IV. Roma rimaneva in mano ai francesi, ma il Borbone, per ottenere la remissione della Chinea (oneroso e gratuito tributo riconosciuto al sommo Pontefice dai tempi di Carlo III) decise di aiutare il Papa e cacciare i Francesi. Fra Diavolo si recò a Napoli per partecipare all'organizzazione della campagna militare dove soggiornò nel palazzo del Sir inglese John Acton, primo ministro del governo borbonico. Il 14 agosto si sposò con Fortunata Rachele De Franco, ragazza napoletana conosciuta durante l'occupazione francese, nella chiesa della parrocchia di Sant'Arcangelo all'Arena: i testimoni di nozze furono due suoi compagni, entrambi di Itri.
Il 20 agosto partì da Napoli con la sua truppa: il 9 settembre giunse a Velletri; poi si acquartierò ad Albano. Prima di sferrare un attacco sulla Città Eterna attese l'arrivo delle forze regolari napoletane e la massa rimase in quella posizione fino a metà settembre. Per garantire rifornimenti di viveri alla truppa non esitò a calare sui villaggi vicini e a saccheggiarli. Roma fu liberata dalle truppe napoletane il 30 settembre ma il nuovo governo mostrò un'inaspettata diffidenza nei confronti degli insorgenti: alle masse non venne concesso di entrare in città . Anche le truppe di Fra Diavolo furono colpite dal provvedimento; inoltre vennero disarmate e la loro paga fu tagliata: gli uomini non poterono fare altro che tornare ai loro villaggi.
Fra Diavolo subì una sorte peggiore: ad Albano venne arrestato (fu preso mentre dormiva) e venne incarcerato a Castel Sant'Angelo. Il capomassa non attese l'inizio del processo: fuggì nella notte tra il 3 e il 4 dicembre. L'arresto era stato ordinato da Diego Naselli, generale dell'esercito napoletano: egli non sapeva però che il 24 ottobre, da Napoli, il sovrano aveva nominato Michele Pezza colonnello di fanteria. Dopo 200 km di fuga, Fra Diavolo giunse a Napoli, dove ottenne di essere ricevuto dal Re: Ferdinando IV credette al suo racconto e lo ricompensò cancellando i debiti che la sua armata aveva contratto per le battaglie sostenute.
Ai primi del 1800 Pezza ritornò nel paese natio in qualità di Comandante Generale del dipartimento di Itri. Sua moglie era incinta: nacque Carlo e successivamente arrivò Clementina. Avviato alla vita tranquilla di militare di carriera, non riuscì però ad essere in pace con se stesso per via dei debiti che aveva contratto e che gli erano stati condonati. Prese l'impegno di pagare tutti i finanziatori delle imprese di Gaeta e di Roma, ma per farlo doveva però far annullare il decreto reale che aveva «imposto oblio ai risarcimenti chiesti da' particolari»: per ottenerlo si recò a Napoli con tutta la famiglia, abbandonando l'incarico di Comandante Generale e prendendo un appartamento in affitto in via Marinella. La sua istanza si perse negli uffici dell'amministrazione reale e, dopo molti mesi, scrisse alla persona del Re chiedendo di poter vendere la propria pensione per rimborsare i suoi finanziatori, «preferendo meglio di patir lui e la sua famiglia, che comparire impuntuale e sentirsi rimproverare di esser divenuto colonnello con gli aiuti e co' soccorsi esatti da essi creditori». La richiesta tuttavia fu respinta.
Nel 1806 Napoleone dichiarò di nuovo guerra al Regno di Napoli. Il Consiglio di guerra di Ferdinando IV decise di richiamare all'azione i capimassa. Il colonnello Pezza si volse subito all'azione; lasciò Napoli e tornò nelle province a reclutare uomini abili alle armi tra la popolazione. Ma, mentre si preparava alla guerra, gli giunse la notizia che il Re aveva abbandonato Napoli per riparare, come nel ’99, a Palermo. Pochi giorni dopo ricevette una missiva con la quale veniva ordinato ai comandanti militari di non aggredire l'armata napoleonica. «In conseguenza, S. M. comanda che il colonnello Pezza e gli altri incaricati di battaglioni volanti non facciano alcun movimento, né resistenza contro la detta armata». Giuseppe Bonaparte fu incoronato re di Napoli per volere di Napoleone stesso.
Fra Diavolo fu uno dei due soli comandanti militari che disobbedirono l'ordine: il secondo fu il generale Luigi Philippstadt, principe d'Assia, comandante della fortezza di Gaeta. Fra Diavolo, che aveva sempre desiderato che la fortezza fosse la base delle sue operazioni, vi si recò senza indugio. Pochi giorni dopo i francesi giunsero davanti alla fortezza e la cinsero d'assedio. Nelle settimane seguenti Fra Diavolo si lanciò in spericolate operazioni di disturbo delle postazioni francesi. Poi li sfidò in campo aperto con pochi uomini. Rischiò di essere preso, insieme al fratello Nicola, a Sant'Oliva, ma riuscì a riparare fortunosamente a Maranola, poi a Scauri s'imbarcò per Gaeta.
Negli ultimi giorni di aprile Fra Diavolo fu chiamato dal monarca a Palermo. L'inglese Sidney Smith, ammiraglio della flotta reale, gli prospettò un progetto che ricalcava l'impresa dell'Esercito della Santa Fede di sette anni prima: la sollevazione delle Calabrie e l'avanzata dell'esercito fino a Napoli. Il 28 giugno lo Smith fu nominato comandante in capo della spedizione e Fra Diavolo fu il suo luogotenente: l'operazione cominciò il giorno dopo e Fra Diavolo, alla testa della sua «Legione della Vendetta», sbarcò da navi inglesi ad Amantea e conseguì ripetute vittorie sui francesi.
Il generale francese Verdier riparò verso Cassano ma fu respinto dagli abitanti, che si erano sollevati in massa. Proprio quando la sollevazione stava diventando generale, la flotta inglese lo richiamò e lo ricondusse a Palermo, con i calabresi che furono lasciati alla mercé dei nemici. Giunto alla corte del re, Fra Diavolo fu ricompensato con il titolo di Duca di Cassano, dal nome dell'eroica città . Nei giorni successivi i francesi repressero i moti di ribellione in Calabria: erano diventati i padroni del Regno, avendo anche conquistato la fortezza di Gaeta. Fra Diavolo tentò un'impresa disperata: sollevare, alle spalle dei francesi, la Campania. Il 2 settembre sbarcò a Sperlonga e poi si diresse a Itri.
Decise cosa fare in base al numero di uomini che sarebbe riuscito a raccogliere. In 500 risposero al suo appello, troppo pochi per affrontare i francesi. Rubò ai nemici due cannoni e si trincerò a Sora, al confine con l'Abruzzo. Sora fu attaccata; le truppe francesi erano soverchianti. Dopo tre giorni i due cannoni smisero di funzionare e Fra Diavolo allora si gettò nella valle del fiume Roveto (29 settembre). I francesi, presi di sorpresa, non ebbero il tempo di reagire. Si rifugiò sulle montagne di Miranda e divenne il ricercato numero uno del Regno di Napoli.
Ridotta la massa a poche centinaia di uomini, Fra Diavolo si mosse di paese in paese cercando inutilmente di sollevare la popolazione contro il nemico. Attraversò Esperia, Pignataro, Bauco (oggi Boville Ernica), Isernia. Intanto i francesi bloccarono tutti gli accessi alle valli; Fra Diavolo si era rintanato, ma non poteva uscire più dal suo nascondiglio. Fu posta sulla sua testa la taglia di 17.000 ducati e maestro di caccia fu nominato il colonnello Joseph Léopold Sigisbert Hugo (padre dello scrittoreVictor Hugo). L'inseguimento durò quindici giorni e al termine del quale la massa di Fra Diavolo fu stretta nella valle di Boiano.
Qui Fra Diavolo dovette accettare il combattimento, che avvenne nell'ottobre: la battaglia durò sei ore anche perché la pioggia, che cadeva da giorni, aveva reso inservibili i fucili. Si combatté all'arma bianca, l'attacco francese fu respinto (nella battaglia morirono 400 francesi e 40 insorti) e Fra Diavolo sfuggì alla cattura ancora una volta. Si diresse verso Benevento con 150 uomini rifugiandosi nelle Forche caudine, dove pensava di essere al sicuro. Invece Hugo lo trovò e lo affrontò: questa volta il numero delle vittime fu a favore dei francesi e Fra Diavolo rimase con circa 50 uomini.
Giunto sulla spiaggia di Cava de' Tirreni, passò l'ultima rivista dei suoi uomini, stabilendo che il gruppo si sarebbe separato e che ognuno avrebbe preso la sua strada. Vagò per giorni e giorni da un paese all'altro, finché il 1º novembre, esausto per le ferite, fu catturato a Baronissi in seguito ad una segnalazione alle autorità locali di un farmacista. Condotto in prigione a Napoli, fu condannato a morte dal Tribunale straordinario. Fu giustiziato per impiccagione in piazza del Mercato l'11 novembre vestito con l'uniforme di brigadiere dell'esercito borbonico e il suo corpo venne lasciato molte ore bene in vista, come monito alla popolazione. Non appena la Real Famiglia apprese dell'impiccagione di Pezza celebrò il suo funerale nella Cattedrale di Palermo.




